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L’ANGOLO DEL FILM. “PALAZZINA LAF”, l’impegno civile di Michele Riondino

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È disponibile su Raiplay “Palazzina Laf”, il film che ha rappresenta l’esordio alla regia di Michele Riondino e che nel 2024 si aggiudicò i David di Donatello e i Nastri d’argento per il  Miglior attore protagonista, lo stesso Riondino, il Miglior attore non protagonista, Elio Germano, e la Miglior canzone originale, “La mia terra”, scritta e interpretata da Diodato.  Nastri d’argento il film li ottenne anche per regia e sceneggiatura. 

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La storia è tratta dal libro “Fumo sulla città” dello scrittore Alessandro Legrande, morto a soli 40 anni e a cui il film è dedicato. 

I fatti narrati si ispirano a quanto accadde negli anni ‘90 negli stabilimenti Ilva, quando i dirigenti e i proprietari del Gruppo Riva ricorsero a metodi di mobbing per costringere i dipendenti ad accettare la novazione del contratto e il relativo declassamento di mansioni. La Palazzina Laf, acronimo del reparto “Laminatoio a freddo”, era l’edificio in disuso in cui venivano mandate le persone scomode che si ritrovavano a passare i giorni in una condizione di straniamento, nella totale mancanza di incarchi, informazioni e di attività lavorative. 

Quella realtà viene portata sullo schermo attraverso la figura di Caterino Lamanna,  un operaio che accetta il trasferimento alla palazzina attratto dalla prospettiva di esser pagato senza lavorare  in cambio del ruolo di informatore per l’azienda. È proprio la scelta di questo personaggio come protagonista che fa di “Palazzina Laf” un’opera diversa da altri film di denuncia. Non siamo di fronte a un eroe senza macchia, né a un opportunista destinato a redimersi dopo una presa di coscienza della realtà che lo circonda. No, Caterino Lamanna rimane un perdente, un poveraccio che pensa solo a se stesso, che non esita a denunciare i colleghi pur di coronare il sogno di avere un’auto, di andare a vivere in città, di lasciare il duro e pericoloso lavoro di operaio. Le giornate vuote nella Palazzina Laf per lui sono un privilegio da non farsi sfuggire ma con il passare del tempo il suo ingenuo e indifferente egoismo finisce per scontrarsi con una realtà che travolge tutti, anche quelli come lui, perché non ci sono vincitori in storie come questa. 

Le interpretazioni di Riondino e di Elio Germano, nei panni di un dirigente dell’azienda, sono state giustamente premiate perché sanno dare credibilità a personaggi scomodi e ambigui.  La regia di Riondino ricostruisce uno spaccato sociale degno di attenzione, difficile ma mai pesante, dove gli stati d’animo si rispecchiano nelle immagini, nelle inquadrature, dove non ci sono soluzioni facili  da offrire allo spettatore perché le soluzioni facili non esistono nella realtà, soprattutto in quella realtà. 

Sullo sfondo di “Palazzina Laf” emerge il dramma della città di Taranto, vittima del miraggio industriale legato all’ex-Ilva che ancor oggi, a distanza di trent’anni dai fatti narrati, resta un problema insoluto, mentre il futuro dei lavoratori si perde in una nebbia di incertezze e timori.

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