Io non chiedo scusa, insieme contro il Medioevo

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dI Massimo Iaretti

“Yes and how many deaths will il taik ‘till he knows that too many people have died’ (in italiano ‘E quante morti ci vorranno prima che lui sappia che troppi sono morti’) così termina la penultima strofa della bellissima Blowin’ in the wind di Bob Dylan. Una canzone che è stata l’inno della contestazione degli anni Sessanta ma questa frase può essere ripetuta all’infinito, quasi ogni giorno nel nostro Paese, quando una donna muore assassinata o è vittima di soprusi. I numeri sono da bollettino di guerra e questa nella nostra società è una ferita dalle radici molto profonde. E per sanarla non serve certamente il ripetere quasi all’infinito, scendendo nei dettagli più scabrosi, i particolari di un crimine che definire efferato è il termine più educolcorato perché lo schifo in questi casi non è sufficiente. Dare la notizia è doveroso, fare pressione mediatica affinché venga al più presto individuato l’assassino è utile e necessario, ma perseverare no, anzi potrebbe essere dannoso magari generando degli atti di emulazione in menti malate e invertire la polarità dei fatti, dove alla fine l’attenzione di concentra tutto sull’assassino, vero o presunto, dimenticando la vittima e coloro che piangeranno la vittima. L’omicidio della povera Giulia Cecchettin è diventato ormai un caso mediatico ma non dimentichiamo tutte le altre donne che dal quel maledetto 11 novembre dello scorso anno sono state uccise o portano sul loro corpo e nella loro anima i segni di una violenza esteriore o interiore. E soprattutto non si continui a dare volto, voce e parola a chi ha tolto loro la vita nel nome di un (erroneo a mio personalissimo giudizio) diritto di cronaca che in realtà serve soltanto a fare crescere l’audience di questa o quella trasmissione facendo parlare questo o quell’esperto che, forse, sarebbe meglio mettesse le proprie capacità al servizio nel rendere fatti concreti più che liturgie della parola. Chi uccide con tanta crudeltà non merita la ribalta televisiva, né il diritto di parola (non quello di difesa che è assicurata dalla Costituzione di uno stato libero e civile fino a prova contraria) fuori dalle aule di Giustizia e nelle occasioni che la procedura penale gli da. E si smetta di continuare a dire che tutti gli uomini devono chiedere scusa indistintamente come è stato detto più volte in questo anno. IO NON CHIEDO E NON CHIEDERO’ SCUSA PERCHE’ NON HO NIENTE DA CHIEDERE SCUSA. Ma, e lo dico ad alta voce, a tutte e tutti: se è vero che l’Italia ha abolito il delitto d’onore nel 1981, cosa sono 43 anni in un arco di tempo ? Niente. Il che vuole dire che siamo ancora un Paese con una forte vena di maschilismo, certamente minore di ieri, ma ancora fortemente presente. In poche parole: siamo ancora in un Medioevo, dal quale tutti senza distinzione di genere dobbiamo lottare INSIEME per uscirne, affinché le giovani generazioni possano crescere (e sovente sono proprio i giovani ad insegnarcelo) senza quei pregiudizi e quelle chiusure che hanno caratterizzato e tuttoggi ancora caratterizzano la nostra società.

In questo senso i fatti concreti, quotidiani, di tutti noi faranno sicuramente di più di tante trasmissioni televisive e di tante formule preconfezionate.