Sempre più di frequente le notizie di cronaca raccontano storie sconvolgenti legate ad atti di bullismo, storie che troppo spesso finiscono male e rovinano giovani vite. Nell’epoca della tecnologia avanzata si parla più propriamente di “cyberbullismo”, che si verifica quando i social media fanno la loro parte, diventando un famigerato e potente mezzo per perpetrare intimidazioni e persecuzioni. Bullismo e cyberbullismo sono reati, il primo processo per cyberbullismo in Italia avviene presso il Tribunale dei Minorenni di Torino: è il caso di Carolina Picchio. La storia di Carolina è una storia come tante altre: una pizza con gli amici, un bicchiere di troppo, un sopraggiunto malessere e il branco che ne approfitta per girare video denigratori. E poi il peggio: la rapida divulgazione delle immagini. La ragazza non regge e si toglie la vita.
Partendo dalla vicenda di Carolina, la Fondazione a lei dedicata ha affrontato il tema del bullismo con gli studenti dell’IIS Vinci-Nervi-Fermi di Alessandria, in un incontro dal titolo “Il bullismo femminile”, tenutosi oggi, 13 novembre, presso Aula Magna di Via Trotti 19. Sono intervenuti il sostituto commissario coordinatore della polizia postale Giorgio La Piana, il commissario della polizia municipale Giuseppe Ceravolo, la psicologa e psicoterapeuta Francesca Tinelli e l’avvocato Silvio Bolloli, ma al centro dell’attenzione vi era il Dott. Paolo Picchio, padre di Carolina, in rappresentanza della Fondazione e di tutte le vittime di cyberbullismo. Scopo del convegno, la sensibilizzazione dei ragazzi e dell’intera comunità educante nei confronti del problema, la conoscenza del pericolo, ma anche l’insegnare ai giovani quanto potere si possa concentrare nelle parole. Nella lettera lasciata prima del gesto estremo, Carolina scrive “Le parole fanno più male delle botte”, tale frase è stata spunto di conversazione e riflessione che ha portato il prof. Tomaso Febbraro, moderatore del dibattito che ne è conseguito, a citare Carlo Levi con “Le parole posso distruggere, ma possono anche costruire”. Ed è infatti l’invito a parlare, a non nascondere, che emerge dalla testimonianza del papà di Carolina, che esorta i giovani ad “abbracciare i genitori” e gli adulti a favorire l’empatia con i ragazzi. “Esperienza arricchente – afferma il prof. Febbraro – alla quale i ragazzi hanno partecipato in maniera encomiabile e con vivo interesse, tanto da prolungare la durata dell’incontro oltre l’ora stabilita. Toccanti gli interventi del Dott. Picchio che ha insistito sull’importanza di un approccio empatico al problema, per fare in modo che le vittime di bullismo riescano ad uscire da quel ‘corto circuito’ che le imprigiona, facendole a volte sentire colpevoli”.