Angeli in divisa (dell’Arma) evitano un gesto estremo
di Massimo Iaretti,
Scrivere di una persona che ha compiuto un gesto estremo o lo abbia tentato non è mai piacevole, anzi sovente il parlarne nel dettaglio può stimolare dei gesti di emulazione. E spesso c’è il rispetto che dovrebbe essere obbligato per coloro che hanno perso qualcuno e che non vivono certamente dei momenti facili e non desiderano magari ascoltare domande idiote del tipo ‘Che cosa prova ? Come si sente ?’. Ma quello che è accaduto in un centro dell’Acquese dove alcuni Angeli in Divisa da Carabiniere hanno salvato una vita va rilevato. Senza entrare nel merito di chi lo abbia fatto. Lo ha fatto, punto e basta, ed è bellissimo poterlo riportare di seguito, come da comunicato dell’Arma, senza ulteriori commenti. E non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima. Tempo fa era successo nel Valenzano e, anche in quel, caso, la prontezza di chi aveva allertato il Numero Unico di Emergenza 112 e il pronto intervento della pattuglia erano stati risolutivi. Sono episodi a lieto fine che meritano di essere conosciuti, sia pure mantenendo l’anonimato dei protagonisti perché la vita non è sempre fatta di episodi ‘neri’ come certa informazione vuole far vedere, ma anche di situazioni ‘bianche’ a lieto fine. Ed ecco quanto è avvenuto:
Quarto piano di un condominio. Un uomo scavalca la ringhiera del balcone del proprio appartamento. Minaccia il gesto estremo. I passanti intravedono la figura sospesa nel vuoto, velata dall’oscurità dalla sera. Di una fredda sera di dicembre. Prima di compiere l’insano gesto, però, chiama la moglie, una telefonata breve e drammatica, le dice di essere “sul davanzale”. Poi interrompe bruscamente la chiamata. La donna è sconvolta ma non esita: chiama il 112.
L’operatore della Centrale Operativa richiama immediatamente il marito sul numero fornito dalla moglie, riesce a stabilire un contatto, si fa spiegare cosa stia accadendo. Dall’altro capo del telefono c’è un uomo in difficoltà, vacilla, conferma di avere scavalcato la ringhiera del balcone e di essersi seduto sul cornicione, sospeso nel vuoto. Non spiega il motivo di quel gesto, dice di trovarsi da due ore in quella pericolosa posizione, di essere infreddolito e di non potere più rientrare in casa perché ha chiuso, una volta all’esterno, la finestra della veranda da cui è uscito. Il ragionamento è confuso e il Carabiniere operatore della Centrale comprende di potersi inserire nella crepa delle convinzioni dell’uomo, forse non più così sicuro di compiere quel passo senza ritorno. Parole, solo parole. Il Carabiniere non ha altro a disposizione. Non c’è contatto fisico né visivo, non sa che volto abbia quell’uomo disperato e l’uomo non sa chi sia quella “voce” che lo tiene ancora aggrappato alla vita.
Confida di avere scritto un biglietto per un ultimo saluto alla moglie e alle due figlie, alle quali è molto legato. L’operatore della Centrale gli chiede allora perché, se le ama così profondamente, voglia dare loro un così immenso dolore. Perché, invece, non continuare ad amarle, restando con loro. Ed ecco il ripensamento.
Nel frattempo, la pattuglia del NORM di Acqui Terme allertata dal collega è entrata nell’appartamento e ha raggiunto quell’uomo seduto sul cornicione al quarto piano di un condominio affondato nell’oscurità di una fredda sera di dicembre. Lui si volta a guardarli proprio nel momento in cui lo afferrano per le braccia. È ancora al telefono con il collega della Centrale, al quale dice di non essere più solo, di avere capito di stare commettendo un errore enorme e gravissimo. Arrivano anche i Vigili del Fuoco, avvisati dai Carabinieri, e un’ambulanza. L’uomo viene riportato all’interno dell’abitazione. È salvo.
Viene accompagnato in ospedale per gli accertamenti e le cure del caso, poi, finalmente rinfrancato, riabbraccia i suoi cari, le persone che ama, le stesse che, anche grazie alle parole del Carabiniere della Centrale Operativa, ha compreso di non potere lasciare.
Torna a casa e la storia, anche questa volta, ha avuto un lieto fine.
I Carabinieri tornano invece a bordo della Gazzella: “Centrale, qui 402. Riprendiamo normale servizio”. L’operatore trattiene per un attimo il respiro, prima di rispondere. Poi un sorriso spontaneo, che scarica la tensione e riporta al presente: “Grazie, 402. Buon lavoro”, dice, consapevole che quello appena fatto lo è stato davvero un buon lavoro.“A più tardi…”, al prossimo intervento. La notte è ancora lunga.